giovedì 7 maggio 2020

PILLOLINE

Su il sipario.
Fino a quando dovrò vedere in video gente che si sorride, si abbraccia, si fa il caffè e se lo beve con la cupola della basilica fuori dalla finestra? Per quanto ancora sentirò le parole inattuali, perché provenienti da un altro mondo, retoriche, perché lo sono sempre state, di Chaplin ne “Il dittatore”? Spalmate sulla colazione come se fosse la Torah del popolo italico.
Insegnare è difficile, è una missione, perché ti devi annullare in un certo qual modo. Certo che la personalità del docente è sacra per trasmettere qualcosa a chi sta lì ad imparare, ma dovrebbe fermarsi alla “teatralità”. Il rischio è che l’insegnante – lavoro frustrante perché di servizio – voglia fare dei suoi allievi dei discepoli: quello è il disastro.
La sera a cena, la mattina a colazione e a pranzo, guardo la televisione. A volte, per colazione, accendo la radio, dipende dai sogni della notte. Alle venti e qualcosa c’è una trasmissione sui partigiani, Gad Lerner li intervista. Sono tutti novantenni, alcuni hanno cento anni. Per me è la cosa più bella, che vedo in televisione, da un mucchio di anni. Tutte le sere piango.
In gioventù ero abbastanza ribelle, come tutti – o quasi (o quasi!) – del resto. Non ero particolarmente coraggioso o ardimentoso, ma si battagliava. Mai appartenuto ad alcunché, mai avuto tessere, mai frequentato persone con le stesse idee: però credo che se avessi avuto vent’anni nel tardo ’43, mi sarei procurato uno schioppo e sarei salito in montagna, nonostante il freddo, che non sopporto.
So che lo dico ogni volta, ma la retorica, soprattutto “sentimentale”, per me è una piaga purulenta. In questi tempi si sentono imprenditori difendere i lavoratori, dirsi una famiglia, per poi minacciare di lasciarla morire di fame questa famiglia se non arrivano aiuti dallo Stato, dalle nostre tasche, da altri lavoratori. Venditi lo Yacht, venditi le Bugatti e il Suv e magari le 10 ville in giro per il mondo e dividi con i tuoi nuovi famigli, non è difficile. Suona come “retorica di classe”? Può darsi, ma in questo ho un difetto: quando vedo il tizio con la Porsche lamentarsi e dare la colpa allo Stato mi sale il sangue ovunque.
Trovo quei vecchi partigiani intervistati da Lerner, bellissimi. Anche in senso estetico: guardateli, sono di una bellezza incredibile, quasi sensuali. Occhi ancora pieni di vita e una lucidità che è impensabile per molti giovanotti: questo dovrà pur dire qualcosa? Le esperienze ci formano, quelle fatte di paura, gioia, carne e sangue. Vivere nel virtuale vuol dire non divenire nulla, anche per questo non sopporto i nerd.
Essere sincero, cosa impossibile (in se) su quello che ci riguarda. Vi dico però, con sincerità, che non sono comunista, non lo sono mai stato. Partigiano sì, ma se al posto dei fascisti ci fossero i comunisti salirei con lo schioppo in montagna ugualmente. Li odio i fascisti, sia ben chiaro! Mio nonno si è rifiutato di combattere per i repubblichini dopo il rastrellamento e si è fatto due anni di campo di concentramento e se ne è tornato a piedi dalla Germania dopo la fine della guerra, mia nonna non lo ha riconosciuto quando se lo è trovato davanti alla porta, mummificato e pieno di pidocchi. Stigmatizzo anche i “post fascisti”, perché non esiste un “post-fascismo”, il fascismo non è una filosofia ideologica: o sei fascista o non lo sei (punto). Quello che odio di più, è chiunque mi obblighi ad avere la sua idea di mondo: mi obblighi con la forza! Per me la democrazia, anche se debole, non è mai dittatura, mai! Sul capitalismo ci sarebbe da discutere.
Ora potrei raccontarvi dei compagni che si fanno arrivare a casa il cinese con il delivery, ordinato dal loro splendido ultimo modello di iPhone e che poi scendono in piazza a protestare per i diritti dei lavoratori, ma non ve lo racconto. Time out! Poi qualcuno mi darebbe del “retorico” o forse del filisteo.
Giù il sipario.

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